Favara, l'Agnello Pasquale e la Settimana Santa
Favara, in provincia di Agrigento e nella Sicilia del Sud, è la patria di questo dolce di Pasqua a base di pasta di mandorle, pistacchio, acqua e zucchero. E dal 1997 si tiene l'ormai famosa Sagra dedicata
È un tripudio di mandorle, pistacchi. E zucchero. Eccole le basi dell'Agnello Pasquale, un dolce buonissimo, caratteristico di Favara, che viene sfornato durante la Settimana Santa in ogni parte della città. Una tradizione recente anche se antica è la preparazione di dolci di mandorle nelle cucine delle case. Solo da pochi anni, infatti, ha assurto a dignità di una Sagra, fortemente voluta da Comune e Pro Loco, incanalando la voglia dei favaresi di ornare la propria tavola pasquale con un dolce che raffigurava un agnello, in similitudine con le parabole del Cristo. La manifestazione ha preso così piede al punto che ormai Favara viene chiamata proprio la "Città dell’Agnello Pasquale".
La tradizione si perde nelle cucine favaresi, dove si voleva festeggiare anche coi dolci la Resurrezione di Gesù e sorprende la spontaneità della manifestazione primaverile: un mese prima, della Pasqua, la città si attrezza in ogni recesso per la produzione. Pasticcerie, forni, bar, l'"agnello" si trova dappertutto, esposte al guisa di un'opera d'arte, tale è, pronto per essere acquistato da favaresi e turisti. E si trova anche nelle case, per una "produzione" casareccia, che viene detta, in dialetto, "a' pparti di casa".
L'Agnello è molto gradevole, dolce, con l'impronta di un gusto tipicamente siciliano, quello della farina di mandorle, e può assumere le forme più svariate a seconda delle mani che lo trattano: se ne trovano di piccoli, da due - tre etti sino ad arrivare ai cinque chili, fino ad arrivare agli oltre due quintali, tanto per finire sul Guinness dei Primati. Qualcuno realizza anche un piccolo gregge, tutti sono davvero artistici, molto belli. Anche i sapori variano da artigiano ad artigiano, a seconda delle ricette "segrete", che impiegano e che danno poi un gusto inconfondibile. E quest'anno sarà la Ventesima edizione della Sagra, che durante la Settimana Santa, si divide in tanti rivoli, rivoli dolci, si intende, in tante serate, tutte dedicate alla degustazione dei maestri pasticceri favaresi.
E dire che Favara era stata conosciuta nel tempo per un'altra sua caratteristica, decisamente opposta all'artigianato dolciario: l'estrazione dello zolfo, che usciva a frutto di tanti sacrifici, va sempre ricordato, dalla ventina di miniere, che entravano nelle viscere delle collina che la circondano. Le cave di zolfo non sono state più considerate produttive e quindi chiuse: strade, alcune ferrovie per collegarle al mare, tutto segnava il territorio a favore del minerale, tutta l'economia di Favara arrivava alle cave. E proprio lo zolfo, insieme all'agricoltura, aveva determinato la nascita della borghesia, quella che aveva plasmato l'urbanistica di una cittadina che ha un particolare legame con il suo capoluogo, Agrigento, dal quale dista solo una decina di chilometri e per questo vi forma una ineluttabile conurbazione.
La presenza in città di grandi famiglie, i Mendola, i Fanara, i Cafisi, si vede negli edifici, che hanno mantenuto un'impronta di severità e di storia in un centro storico dove si trova la bellezza purissima del castello chiaramontano, in passato anche residenza di caccia di Federico II di Svevia. E che ora è di proprietà del Comune, che lo adopera per manifestazioni culturali, ed anche per alcune iniziative legate all'Agnello Pasquale.